ARPAT in un’azienda che non rispetta le normative ambientali

Una segnalazione della ASL 11 ha dato avvio agli accertamenti del Dipartimento ARPAT del Circondario Empolese che hanno portato a far emergere a Ponte a Cappiano, nel Comune di Fucecchio, una attività produttiva del tutto irregolare sotto il profilo delle normative ambientali.
Si tratta di una ditta presso la quale gli operatori del UOC Prevenzione Luoghi Lavoro della ASL, nel corso di una ispezione, avevano riscontrato la presenza di materiali e rifiuti accatastati in modo inadeguato sul piazzale e tali da costituire rischio di inquinamento.
La ditta effettua la fabbricazione in conto terzi di semi-lavorati in pelle, consistente in attività di rinverdimento1 e pressatura delle pelli wet-blue2 e successiva spaccatura e rasatura.
Il processo produttivo, può essere così schematizzato:
* arrivo delle pelli, su pancali completamente avvolti con teli in plastica;
* le pelli vengono inserite nel bottale3 per il rinverdimento con un bagno costituito da sola acqua, pura o riciclata dalle lavorazioni;
* le pelli rinverdite vengono deposte in vasche di legno, per la scolatura;
* dopo la scolatura le pelli vengono messe in cassoni di plastica, ed avviate alla pressatura per diminuirne il contenuto in acqua;
* di seguito le pelli vengono avviate alla spaccatrice, dove vengono sezionate in due parti in senso longitudinale: fiore (parte superiore) e crosta (parte inferiore);
* il fiore, a seconda della grandezza della pelle e della richiesta del cliente, viene sezionato trasversalmente in due metà uguali con la tagliatrice;
* il fiore e la crosta vengono avviate alle 2 rasatrici per portarle a spessore uniforme;
* le pelli rasate vengono quindi stivate su pancali in legno, coperte e stoccate in attesa della consegna ai clienti.

Per le attività che svolge la ditta non è in possesso di alcuna autorizzazione ambientale (allo scarico e alle emissioni in atmosfera), ne di concessione allo sfruttamento del pozzo da cui emunge l’acqua necessaria agli scopi produttivi.
Gli accertamenti hanno consentito di verificare che il ciclo produttivo utilizza acqua del pozzo e che dalle lavorazioni si originano alcune tipologie di acque di processo:
1. bagno esausto di rinverdimento delle pelli, ossia le acque scaricate dal bottale
2. acque di percolazione delle pelli rinverdite:
3. acque di pressatura delle pelli rinverdite:
4. acque di lavaggio pavimenti dei locali interni, dove scolano le pelli.

Le acque di percolazione scorrono sui piazzali e confluiscono, attraverso griglie di raccolta, nella pubblica fognatura mista, mentre le acque provenienti dalle lavorazioni sono accumulate in apposite vasche interrate e serbatoi fuori terra e quindi, a quanto dichiarato, reimmesse nel ciclo produttivo senza dar luogo ad alcuno scarico.
A quanto verificato, tuttavia, le acque di processo fuoriuscivano da uno dei serbatoi, riversandosi a terra e dilavando il suolo, in zona priva di pavimentazione, fino ad arrivare al pozzetto ed alla linea delle acque meteoriche che si immette in pubblica fognatura, dando luogo di fatto ad uno scarico non autorizzato. Un campione prelevato da questo refluo ha tra l’altro evidenziato il netto superamento dei valori limite per lo scarico in pubblica fognatura4 per diversi parametri
Inoltre, le acque di percolazione e di lavaggio scorrono sui piazzali e ne provocano in alcune zone imbrattamento, e pertanto fanno sì che le acque meteoriche di dilavamento dei piazzali siano da considerarsi contaminate anche ai sensi del Regolamento Regionale 46/R/2008, e quindi soggette ad autorizzazione allo scarico.
Dalle lavorazioni si originano inoltre emissioni di polveri in atmosfera, provenienti:
* dalla spaccatrice, previo abbattimento con ciclone5, per convogliamento in apposito camino, che è privo dei dovuti punti di prelievo per gli eventuali controlli all’emissione;
* dalle rasatrici, previa filtrazione per passaggio da un big-bag6 (appoggiato a terra) e fuoriuscita dell’aria attraverso la trama del tessuto.

Per quanto riguarda i rifiuti prodotti, non sono emerse irregolarità nella gestione documentale delle registrazioni e delle movimentazioni. La situazione dei depositi temporanei sui piazzali, è risultata notevolmente migliorata rispetto a quella evidenziata nella segnalazione della ASL, pur mantenendo la criticità dovuta all’assenza, presso i vari depositi, di cartellonistica di identificazione e descrizione dei rifiuti in essi raccolti, e la commistione tra i materiali da selezionare, quelli da smaltire e quelli da recuperare.
Si è rilevata tuttavia una irregolarità dovuta al mescolamento, nel cassone adibito al deposito dei rifiuti indifferenziati, da smaltire con codice generico CER 040199 (rifiuti da lavorazioni pelli e pellicce – rifiuti non specificati altrimenti), di varie tipologie di rifiuti, caratterizzati da codici diversi e di fatto differenziabili ed avviabili a recupero o smaltimento in base alla rispettiva natura e al rispettivo codice. Ciò è in contrasto con la normativa, che prevede, per i rifiuti, lo stoccaggio separato per categorie omogenee.
In sintesi, la ditta è risultata assai carente per quanto riguarda il rispetto della normativa ambientale incorrendo sia in illeciti penali in quanto:
1. effettua scarichi di acque reflue e di acque meteoriche contaminate, ed emissioni in atmosfera, senza le dovute autorizzazioni previste dalle normative di settore;
2. gestisce un deposito temporaneo di rifiuti senza rispettare i requisiti e le disposizioni della norma;
3. sia in illeciti amministrativi per l’emungimento di acqua da un pozzo senza la dovuta concessione.
Nel corso dei sopralluoghi sono emerse anche criticità come l’imbrattamento dei piazzali, l’inappropriata gestione e identificazione dei depositi di rifiuti etc., che pur non costituendo esplicite violazioni di legge, richiederebbero interventi correttivi per una efficace tutela ambientale.
Le violazioni riscontrate sono state sanzionate in via amministrativa e penale e gli esiti del controllo comunicati alla ASL 11 ed alle amministrazioni interessate (Circondario, Comune, AIT) per l’assunzione di eventuali provvedimenti di competenza.

1 Operazione propedeutica alla concia che ha lo scopo di riportare la pelle nelle condizioni in cui si trovava appena scuoiata, mediante ripulitura e reidratazione. Col rinverdimento si eliminano anche parte delle proteine idrosolubili che potrebbero interferire con il processo di concia.2 Termine che indica un primo processo di concia al Cromo, dopo il quale le pelli si presentano stabilizzate e non più soggette a fenomeni di degradazione, bagnate e di colore tendente all’azzurro (da qui il nome wet-blue).3 Macchina costituita da un cilindro ruotante intorno al proprio asse, dove vengono inserite pelli, acqua e prodotti chimici. L’azione meccanica di rotazione favorisce in modo notevole la penetrazione dei prodotti all’interno della pelle e quindi il processo conciario.4 Valori limite di cui alla da tab. 3 dell’allegato 5 alla parte III del D.Lgs. n. 152/06.5 Sistema di abbattimento di polveri grossolane negli effluenti gassosi. Il ciclone non ha organi in movimento, ma sfrutta il principio della forza centrifuga, imprimendo un moto a spirale all’aria in ingresso. Le particelle di polvere, aventi maggiore inerzia rispetto al gas, tenderanno a sbattere contro le pareti del cilindro e a cadere sul fondo del sistema, da dove saranno recuperate.6 Contenitore flessibile realizzato normalmente in tessuto di polietilene o polipropilene, viene utilizzato per trasportare e immagazzinare grandi quantità di prodotti sfusi, di consistenza solida o fangosa. A forma di parallelepipedo o cilindro, ha misure standard della base 110 × 110 cm e può essere alto da 100 a 200 cm, con una portata massima di 2000 kg.

Fonte: ARPAT – Testo a cura di Laura Balocchi