L’implementazione del VII Programma Quadro dell’Ambiente

A novembre 2012, il Parlamento Europeo e il Consiglio Europeo hanno approvato il VII Programma d’azione ambientale.
Esso identifica 3 obiettivi tematici, correlati tra loro e da perseguire parallelamente:
1. Proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale dell’Unione;
2. Trasformare l’Unione in un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’impiego delle risorse, verde e competitiva;
3. Proteggere i cittadini dell’Unione da pressioni e rischi d’ordine ambientale per la salute e il benessere.

Il raggiungimento di tali obiettivi è subordinato all’attuazione da parte degli Stati membri di alcune direttive o strategie europee.
Vediamo come si è mossa l’Italia.
Per quanto riguarda il I’obiettivo, l’UE ritiene urgente l’attuazione della Strategia dell’UE per la biodiversità, del Piano per la salvaguardia delle risorse idriche e della Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino.
ISPRA ha innanzitutto provveduto a stabilire degli obiettivi strategici nazionali per la Biodiversità che riguardano principalmente la riduzione dell’impatto dei cambiamenti climatici sulla biodiversità e la sua conservazione attraverso politiche economiche e di settore.
Solo che trattandosi di un tema trasversale, sarebbe stato complesso circoscriverlo a un solo ambito e infatti è affrontato in ben 15 aree di lavoro dell’Istituto.
Per quanto concerne il Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee si stabilisce che, al fine di raggiungere l’obiettivo di un buono stato delle acque entro il 2015, come già riportato nella direttiva quadro sulle acque, occorre basarsi su tre pilastri, ovvero migliorare l’attuazione della politica idrica dell’UE ad esempio applicando in maniera più efficace il cosiddetto principio del “chi inquina paga” ricorrendo alla misurazione del consumo di acqua; integrare maggiormente gli obiettivi di politica idrica in altri settori strategici correlati, come l’agricoltura, la pesca, le energie rinnovabili, i trasporti e i Fondi di coesione e strutturali; colmare le attuali lacune, in particolare in merito agli strumenti necessari per incrementare l’efficienza idrica.
Il Piano non indica un’unica soluzione universale, ma propone piuttosto una serie di strumenti con cui gli Stati membri possono migliorare la gestione idrica a livello nazionale, regionale o a livello di bacini idrografici.
L’orizzonte temporale del Piano è strettamente correlato alla strategia Europa 2020 e, in particolare, alla tabella di marcia verso un Europa efficiente nell’impiego delle risorse, di cui il Piano costituisce la tappa relativa all’acqua.
La Direttiva per l’ambiente marino, invece, è stata recepita a livello italiano attraverso il d.lgs. n°190 del 13 ottobre 2010 .
Il decreto definisce, prima di tutto, il buono stato ambientale come il perfetto funzionamento dell’ecosistema, il mantenimento della resilienza e della biodiversità e uno stato di non inquinamento.
In seguito si utilizza la definizione come obiettivo della strategia per l’ambiente marino. Essa stabilisce le varie fasi per il suo raggiungimento che vanno progressivamente dalla valutazione dell’ambiente fino alla definizione dei traguardi e all’elaborazione di programmi di monitoraggio, e si concludono con l’elaborazione di misure per il mantenimento del buono stato ambientale.
Per quanto riguarda il II obiettivo, questo sarà ritenuto raggiunto se verrà data piena attuazione all’Accordo sul quadro unionale di politiche per il clima e l’energia all’orizzonte del 2030, alla Direttiva sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili e alla Direttiva sulle emissioni industriali.
In relazione ai primi due, l’UE ha registrato buoni progressi verso il conseguimento degli obiettivi del 2020, creando il mercato interno dell’energia e conseguendo altri obiettivi di politica energetica.
In particolare, i tre obiettivi principali da realizzare entro il 2020 sono:
* la riduzione delle emissioni dei gas serra del 20% rispetto alle emissioni del 1990;
* l’obiettivo del 20% di energia da fonti rinnovabili sul consumo energetico dell’UE, con obiettivi specifici per i vari Stati membri;
* una riduzione del 20% del consumo energetico rispetto alle proiezioni.

Per l’Italia gli obiettivi specifici per il 2020 in relazione alle fonti rinnovabili sono il raggiungimento di una quota complessiva di energia da tali fonti sul consumo finale lordo pari al 17%, mentre nel settore dei trasporti si è fissato la quota-obiettivo al 10%.
La Direttiva sulle emissioni industriali è stata recepita ed inserita nel D.Lgs. n° 152/2006. Essa si rivolge alle attività industriali altamente inquinanti, le quali hanno l’obbligo di attivare misure di prevenzione dell’inquinamento, e in particolare si fa rifermento all’applicazione delle migliore tecniche disponibili (BAT). Per valutarne l’efficacia, lo Stato italiano organizza un piano per le ispezioni ambientali delle installazioni interessate.
Infine, il III obiettivo del Programma prevede l’adempimento degli obblighi derivanti dal Regolamento europeo n.1907/2006 , denominato REACH, della Direttiva sulla qualità dell’aria e la Direttiva sulle acque di balneazione.
Il primo richiede agli stati europei di registrare tutte le sostanze chimiche importate per quantitativi superiori alla tonnellata per anno. Questo permette, in caso di necessità, di poter effettuare test di controllo per caratterizzare le proprietà fisico-chimiche, tossicologiche e ambientali delle sostanze che circolano nell’UE.
Il D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 155 in attuazione della Direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa istituisce un quadro normativo più unitario per evitare e prevenire effetti nocivi per la salute umana e per l’ambiente. Inoltre obbliga ad informare i cittadini attraverso soglie di allarme.
Mentre il D.Lgs. n° 116 del 30 maggio 2008 attua la Direttiva relativa alle acque di balneazione che dispone la tutela e il monitoraggio delle acque. Sicuramente l’Italia risulta tra le eccellenze in campo europeo dato che il 96,6% delle acque di balneazione risulta essere a norma.
A conclusione, si può dire che l’’Italia ha dunque recepito le varie disposizioni europee per migliorare lo stato ambientale della Comunità entro il 2020, ma come è accaduto anche per gli altri paesi, a causa dell’evidente crisi economica, è noto che gli obiettivi prefissati non potranno essere pienamente raggiunti.

Fonte: ARPAT