Ai fini dell’applicazione delle misure interdittive ex Dlgs 231/2001 sulla responsabilità amministrativa delle imprese, la nozione di “profitto” da reato va intesa in senso più ampio e dinamico rispetto a quella di profitto ai sensi delle norme dello stesso Dlgs 231/2001 in materia di confisca.
La Corte di Cassazione (sentenza 21 marzo 2013, n. 13061) nel ricordare che l’articolo 13, Dlgs 231/2001 richiede come presupposto per l’applicazione delle misure interdittive a carico della società, la realizzazione di “profitto di rilevante entità” dall’illecito, ha puntualizzato che “profitto” così come inteso dall’articolo 13 citato non è “profitto” inteso dalle norme in materia di confisca (articoli 15 e 19) come immediata ed effettiva conseguenza economica dell’azione criminosa, corrispondente tendenzialmente all’utile netto ricavato.
Se la disposizione dell’articolo 13, Dlgs 231/2001 ha la funzione di selezionare i casi più gravi da punire con le sanzioni maggiormente afflittive per l’Ente, è estranea a tal fine una nozione di profitto “rigida” intesa come utile netto effettivo, dovendosi ricorrere a un concetto di profitto che ricomprenda anche gli ulteriori vantaggi economici conseguenti alla realizzazione dell’illecito.