Il Dm 10 agosto 2012, n. 161 (in vigore dal 6 ottobre 2012), che regola il riutilizzo delle terre e rocce da scavo, non si applica ai materiali usati nello stesso sito in cui sono prodotti né ai piccoli cantieri.
Il chiarimento è arrivato con una nota nel Ministero dell’Ambiente su sollecitazione dell’Ordine dei geologi della Regione Umbria. Come illustrato dal Ministero dell’ambiente, secondo il campo d’azione del D.lgs. 152/2006 , dal quale il DM 161/2012 discende, è escluso “ il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale escavato nel corso dell’attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito in cui è stato scavato”.
La normativa individua inoltre la necessità di un altro decreto con cui definire le procedure semplificate per il riutilizzo dei materiali estratti dai piccoli cantieri, la cui produzione non supera cioè i 6 mila metri cubi.
A detta dell’Ance, Associazione nazionale costruttori edili, viene quindi confermata l’interpretazione elaborata dall’associazione degli edili dopo l’emanazione del decreto. D’altra parte, sottolinea l’Ance, la nota del Ministero crea nuove incertezze applicative che potrebbero generare alcuni comportamenti. In via principale, i materiali potrebbero essere considerati come rifiuti ed essere trasportati in discarica o in altri impianti di trattamento. In alternativa, al di là delle indicazioni del Ministero sulla sua presunta inapplicabilità, se fosse economicamente conveniente e se fossero rispettate tutte le condizioni previste, ci si potrebbe rifare alle disposizioni del DM 161/2012. In via subordinata, infine, i materiali potrebbero essere ricompresi nella categoria dei sottoprodotti. Inoltre lo scenario è reso ulteriormente incerto dalle diverse indicazioni operative delle regioni, che si stanno organizzando per regolare l’uso dei materiali estratti dai piccoli cantieri.